“I tetri giustizieri di Barriera fomentano solo disordine”: questo il titolo di un articolato commento a firma del politologo, giornalista e saggista Marco Revelli (pagina 44 del quotidiano La Stampa del 31 agosto 2024) a proposito dei tre attivisti denunciati per le ronde durante cui si sono “sostituiti alle forze dell’ordine”: i tre avrebbero fatto i poliziotti cattivi una volta in via Balbo (un filmato li ritrae mentre fermano alcuni presunti pusher obbligandoli a svuotare le tasche); un’altra volta, il 29 luglio, sarebbero entrati in azione dopo la “camminata contro il degrado” a Parco Sempione (qui l’azione sarebbe stata più violenta con il ricorso a manganelli e spray al peperoncino).
Scrive Revelli: “i tre balordi che la Questura ha identificato e denunciato per le loro scorribande in Barriera di Milano, in tuta mimetica, pistola scacciacani in tasca, tirapugni nel palmo della mano, alla caccia del <pusher a cui dare una lezione per fargli cambiar aria> sono un brutto campanello d’allarme”. A seguire, una sentita tirata contro qualsiasi singulto o rigurgito di “giustizia fai da te”, una ferma accusa contro iniziative che si configurano come “usurpazione di funzioni pubbliche” (è questa una delle accuse contro i tre).
Naturalmente, noi di Facciamo Barriera siamo avversi a qualunque atto “contra legem” sia commesso da spacciatori e ladri sia commesso da chi si arroghi il diritto di prendere a bastonate la gente per strada. Ma Revelli non dedica un solo passaggio del suo intervento alle cause, alle origini, alla situazione da cui nascono errate idee come quelle delle ronde. La sua intemerata è interamente focalizzata sull’effetto (il desiderio di farsi giustizia) e giammai sulla causa (il pietoso stato di degrado in cui Barriera è stata lasciata per anni).
Apprezzabile, nell’articolo dello studioso nato a Cuneo nel 1947 il richiamo all’epopea cinematografica del “giustiziere della notte” (avviata da un film del 1974 con Charles Bronson), ma, anche in questo caso, Revelli non si sofferma sugli efferati delitti che danno la stura alle intraprese del “giustiziere” in una metropoli americana dove imperversano forme raccapriccianti di violenza, spesso gratuita. Studiando quella storica pellicola (a cui fecero seguito almeno altri quattro “sequel”) si ricava che è soprattutto l’impotenza delle forze dell’ordine a motivare la trasformazione di un “normale e rispettato cittadino” in un “mietitore” di furfanti, balordi e sordide canaglie.
Ebbene, caro Revelli, con queste poche e modeste righe, desideriamo solo riempire quella che ci appare come una piccola lacuna nella tua esposizione. Ci permettiamo questa integrazione perché siamo noi a camminare all’imbrunire fra le strade di Barriera dovendo scansare chi piscia sui muri; siamo noi ad affrettarci nei nostri portoncini male illuminati perché qualche furtiva ombra si appressa alle nostre spalle con incedere troppo minaccioso; siamo noi sospingere la testa di un figlio e una figlia dall’altra parte, in strada, per risparmiare loro lo spettacolo di un essere umano raggomitolato per terra con una siringa accanto al braccio trapuntato; siamo noi che preghiamo ogni mattina di poter andare al lavoro con la nostra piccola utilitaria a cui speriamo non abbiano nottetempo sottratto le gomme oppure non abbiano fracassato il deflettore scorgendo una moneta da dieci centesimi sul cruscotto; siamo noi a sbrigare il più velocemente le faccende dal tabacchino perché sappiamo che questi esercizi sono presi di mira dai delinquenti anche più volte in una sola settimana; siamo noi a non vedere una fioriera variopinta se non nei monumentali cartelloni pubblicitari che costituiscono il solo arredo urbano di queste zone dimenticate dal decoro, dimenticate dalla civiltà, dimenticate dalla cultura.
Grazie Revelli (detto senza ironia, davvero) perché ogni appello al senso civico e ai valori fondanti del vivere comune è sempre lodevole. Quindi, ci uniamo al NO “senza se e senza ma”, alle tentazioni perniciose di una inutile giustizia fai-fa-te. Ma con la medesima adesione ai principi democratici e del vivere civile, non vogliamo trascurare per un solo attimo la sofferenza e il disagio di intere esistenze violentate quotidianamente nel semplice desiderio di fare una passeggiata; mortificate nella umana aspirazione ad avere un po’ di tranquillità; umiliate nella legittima voglia di ottenere una parvenza di “normalità”. E di avere, perché no, FINALMENTE anche un po’ di bellezza.
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