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LUNGO STURA LAZIO, LA BOMBA ECOLOGICA NON SI DISINNESCA

Immagine del redattore: facciamobarrierafacciamobarriera

Lungo Stura Lazio, l’area definita “Baraccopoli” da Google Maps, lo sanno tutti che è una bomba ecologica pronta a esplodere. Ma perché dopo tanti anni questo pericoloso ordigno non è ancora stato disinnescato? Dal 2019, quando Iveco presentò un esposto in Procura per invasione da parte dei rom delle aree di sua proprietà, esalazioni tossiche dovute ai roghi di rifiuti e allacci abusivi poco è cambiato. Forse nulla.


Giorni fa è stato fatto un nuovo sopralluogo. C’erano tutti: i tecnici del Comune, l’Arpa, la Polizia locale, il Risi (ex Nucleo nomadi), la Polizia di Stato. A far da Cicerone, la coordinatrice all’Ambiente della Circoscrizione 6 Giulia Zaccaro che, mesi fa, con un esposto, aveva chiesto un’altra volta di intervenire per risolvere questo vecchio problema, rimasto aperto. Al termine dell’ispezione sono state individuate due possibilità di intervento: o installare altre telecamere vigilate oppure mettere una sbarra dando la chiave a chi ha legittimo accesso alla stradina che porta al fiume.   


“Di posizionare le sbarre per impedire l’ingresso alle persone non proprietarie dovrà occuparsene Iveco che, non avendo colpe, non può essere di nuovo crocifissa – si sfoga Zaccaro -. E intanto i nomadi restano lì mentre a un privato si continua a chiedere di spendere soldi per risolvere un problema a cui il Comune di Torino non è capace di porre rimedio”.


L’area verrà pulita, esattamente come già è stato fatto in passato, ma per la coordinatrice tutto questo non basta. “Due anni fa, a seguito di un esposto di Iveco, costretta a chiudere per ore lo stabilimento, in cui lavorano 2mila dipendenti, ogni volta che scoppiava un incendio, con una conseguente perdita di qualche milione di euro, il Comune ha fatto finalmente bonificare l’area. Ma poi è tornato tutto come prima. Senza scordare inoltre che gli interventi per ripristinare il decoro e la salubrità ambientale sono un salasso per le casse pubbliche” afferma Zaccaro.   


Ma cos’è che impedisce di mandare via chi vive in quest’area e causa notevoli disagi ai proprietari? Per chiarire la questione occorre fare un excursus storico. La vicenda ha origine già nel dopoguerra, quando molti di questi terreni, appartenenti al Comune, sono stati trasformati in orti abusivi da alcuni indigenti. Gli insediamenti rom risalgono poi agli anni Ottanta e Novanta. Ed è più o meno in quello stesso periodo che Iveco, Enel e il Demanio acquistano varie porzioni dell’area compresa tra corso Giulio Cesare e il quartiere Barca.


Succede però che, negli anni successivi, molti abusivi riescono a sanare la loro posizione con il catasto, diventando così proprietari legittimi degli orti occupati, per usocapione con una sentenza del Tribunale. Questo vale per una quindicina degli insediati che sono per due terzi italiani e per un terzo rumeni. E non bastasse pure alcune baracche sono state sanate. Ecco perché non si può procedere allo sgombero.


Inoltre, chi sversa rifiuti e accende i roghi per bruciarli e per ripulire i cavi di rame dalle guaine non è detto che faccia parte degli insediati. Si potrebbe trattare di altri rom che arrivano da fuori. D’altra parte, in questo luogo semideserto, soprattutto di notte chiunque può agire indisturbato, dal momento che la telecamera posizionata in lungo Stura Lazio non viene vigilata.


“Tutte le sere ci sono i furgoni dei rom fermi come dimostrano le foto raccolte da Iveco, benché secondo la Procura lì ci vivrebbero soltanto due persone – conclude Zaccaro -. Vedere oltre la recinzione è impossibile. Ma in ogni caso durante i miei sopralluoghi ho sentito spesso e volentieri le voci dei bambini che giocano e i cani che abbaiano, quindi in quello spazio è pieno di gente. Pulire non è sufficiente. Mettere telecamere, sbarre e lucchetti è inutile. Così si ritorna punto e a capo”.

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